giovedì 31 ottobre 2019

[Libri] Dentro l'Istituto con il Re

Quale migliore occasione per parlare del Re se non la notte di Halloween? Finalmente riesco a inserire nel blog anche un post dedicato a un romanzo, e l'onore di essere il primo non poteva che spettare a lui, il caro vecchio Zio Stephen.
Da qualche parte su Internet, un giorno lessi una frase che diceva più o meno "Stephen King non è uno scrittore: Stephen King è DIO." Con tutto il rispetto per le più alte cariche celesti, è ciò penso pure io, più o meno. Scherzi a parte, lo Zio è lo scrittore a cui sono più affezionato e che mi ha accompagnato fin da adolescente nello scoprire i piaceri della lettura fantastica. Sono cresciuto insieme ai suoi romanzi, e nessun'altro scrittore mi ha mai dato le stesse sensazioni: come dico a mia moglie ogni volta che inizio un nuovo romanzo, per me è come tornare a casa.

Quanto gli voglio bene!


Vi racconto brevemente come iniziò, sperando di non tediarvi. Frequentavo la prima superiore e la prof di italiano consigliava caldamente di usufruire della biblioteca scolastica, a suo dire fornitissima e un vanto per tutta la scuola. Io mi ero già appassionato alla lettura grazie ai librigame e, soprattutto, a mio fratello, col quale dividevo la camera da letto e che ogni sera non si addormentava senza prima leggere qualcosa (lo ricordo come se fosse ieri alle prese con "Il Nome della Rosa" o "Dal Big Bang ai buchi neri").
Mi recai in biblioteca senza particolari aspettative. Dubitavo avessero un bel fantasy, ero reduce dalle trilogie del duo Weis - Hickman e ne volevo ancora. Entrai e mi trovai davanti un signore pelato, disabile, in carrozzella. Mi scrutò da capo a piedi e mi fece: "che vuoi?" e io timido risposi "sarei venuto a prendere un libro in prestito, se possibile." Un tipo calmo, con un paio di occhialini da lettura sul naso, che parlava in modo lento e a bassa voce (forse pensava di essere davvero in una biblioteca). "Che hai letto finora?" mi chiese lui. Mi vergognai di nominare i librogame e le trilogie della Dragonlance, quindi risposi che avevo letto Ventimila Leghe sotto i Mari e qualcosa di Michael Ende, alle medie. "Nient'altro?" Mi resi conto che da quando ero entrato mi aveva fatto solo domande. "Qualcosa sugli eschimesi, sempre alle medie" risposi. Che imbarazzo, forse non era stata una buona idea. Se ne stette zitto per un po', guardando in giro. Poi uscì da dietro la scrivania e con un paio di colpi di ruota andò a prendere un minuscolo volumetto da uno scaffale. "Prova questo. Ti potrebbe piacere." Guardai la copertina.
Carrie di Stephen King.
Non ho idea di come abbia fatto (credo sia trapassato a quest'ora, buon'anima, mi parve già vecchio allora)(non gliela voglio tirare però, magari è un novantenne in buona salute) a giudicare, in base a ciò che farfugliai, che proprio quel romanzo e proprio quell'autore potessero piacermi, ma devo dire che c'azzeccò in pieno, perchè da quel giorno non ho più smesso di leggere i romanzi dello Zio.
Caro bibliotecario, ovunque tu sia, grazie, di cuore. Mi hai cambiato la vita.

Non uno dei migliori, ma senz'altro una buona lettura

Sono reduce dalla lettura dell'ultimo romanzo uscito, l'Istituto, e volevo condividere con voi quelle che sono state le mie impressioni. Per questa volta non parleremo di giochi, comunque la lettura è un'attività prettamente solitaria e quindi non temo di andare fuori tema (ah ah).
Sapete già che odio gli spoiler e non leggo nemmeno la quarta di copertina o i risvolti dei libri con le trame per paura di sapere troppo già all'inizio. Preferisco fantasticare sul titolo e immaginare cosa potrebbe raccontare, e questo pensavo trattasse di una storia ambientata nei banchi di scuola o all'università.
Niente di più lontano. Questo è un romanzo che parla di ragazzini un po' speciali e di amicizia. Di quelle amicizie, per usare parole dello stesso King, che solo a dodici anni si possono avere. Una storia triste, direi, malinconica, sull'innocenza dei bambini e il potere degli adulti.
Non posso dire di più senza spoilerare, se non questo: vale la pena leggerlo. All'inizio avevo storto un po' il naso, mi sembrava un argomento banale e ritrito, soprattutto dopo un buon inizio che pareva buttato lì e abbandonato a sè stesso. Ma nel proseguire la lettura, la trama esce e prende il sopravvento, e non si riesce a smettere di leggere; infatti ho impiegato quasi tre settimane per leggere duecento pagine e solamente 4 o 5 giorni per finire le altre trecento.
Un finale, noto tallone d'Achille del Re, che invece conclude degnamente il romanzo, anche se, a dirla tutta, mi è parso un po' telefonato e fin troppo malinconico, quasi a voler far scendere a forza la lacrimuccia al lettore.
In ogni caso, va letto e gustato, così come tutti gli altri romanzi del Re.
Perchè lui non è uno scrittore.
Lui è DIO.

- La citazione:

"Non c'erano parole, e forse non servivano neppure. Come non serviva la telepatia.
A volte, di telepatia, ce n'era già a sufficienza in un abbraccio."


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