lunedì 17 febbraio 2020

[VideoGame] L'approccio al videogioco

Accidenti, quasi un mese dall'ultimo post! Non mi sono dimenticato del blog, purtroppo l'influenza quest'anno sembra particolarmente aggressiva e me la sono cuccata non una, ma ben DUE volte. Sigh. Se nel mezzo poi ci mettiamo anche un focolaio di polmonite, una congiuntivite, un mal di gola allucinante e anche un po' di cacarella ("qual'è il problema, comandante Nunziatella..." citazione obbligata da vedere qui) direi che il quadro riguardo ai motivi che mi hanno tenuto un po' lontano dal blog sono ben chiari.
In questi giorni passati a sputare catarro e a disegnare pitture astratte all'interno della tazza del cesso, ho riflettuto su quale sia stato fino ad oggi il mio personale rapporto con i videogiochi e ho deciso di farne un breve post. Perchè mi sono accorto che, soprattutto in questi ultimi anni, la passione videoludica è passata da mero  passatempo ad essere quasi un secondo lavoro.


Per approccio al videogioco intendo il nostro personale rapporto con i titoli che giochiamo, sempre premesso che il gioco venga inteso come hobby e passione, e non come lavoro retribuito (sviluppatore, beta tester, pro-gamer o altro che vogliate).
Nella mia trentennale carriera da videogiocatore, ho sempre cercato di provare tutti i titoli che potenzialmente mi sarebbero potuti piacere o che solo mi incuriosivano. Ciò inizialmente significava rubare, mio malgrado, dato che, sì, vostro onore, lo confesso, sono stato un pirata degli anni '90, tra Twilight, archivi ARJ e manuali fotocopiati, con tutti i problemi e difetti che ci andavano dietro (quando partiva un gioco su tre eri fortunato). D'altronde, a mia parziale discolpa posso affermare, vostro onore, che mancavo di vile pecunia, essendo studente nullatenente, e che, a parte qualche regalo che custodisco ancora gelosamente, l'unico modo di provare i giochi che uscivano (tranne quale rara demo o shareware) era rivolgersi allo spacciatore di fiducia. Nel mio caso era un tipo che chiaccherava, chiaccherava, chiaccherava (bla bla io questo l'ho già finito bla bla questo è bellissimo bla bla, non smetteva mai) e che, da un giorno all'altro, si rese conto che a scuola aveva non meno di dieci/dodici persone che chiedevano quotidianamente delle copie e decise quindi di smettere di fare favori e farsi pagare. Ciò segnò la fine della mia carriera da pirata.
Quanti titoli, delle decine e decine che l'amico blabla mi passava tutti i giorni, ho finito? Praticamente nessuno. Ironia della sorte, i pochi giochi che iniziai e conclusi furono quelli che riuscii ad acquistare o farmi regalare, come Lands of Lore, Warcraft o Command and Conquer.
Quindi, fino a fine millennio, ho provato un sacco di giochi, seguendo un po' la voglia del momento finchè non trovavo un titolo che mi divertiva e catturava e che spulciavo fino in fondo.

Alcune perle da un lontano passato


Negli anni duemila le cose cambiano, per colpa principalmente del passaggio da studente a lavoratore. La voglia di sperperare il sudato reddito mensile nell'unico negozio di videogames della mia città si scontra immediatamente con la netta diminuizione del tempo a disposizione (spesso lavoravo fuori città tutta la settimana), che si azzera completamente quando conosco la più bella e dolce ragazza del mondo (che mi sopporta ancora oggi).
Oh porcobboia, imprecherebbe il sergente Apone. Chi ha il pane non ha i denti eccetera eccetera.
Le sere in trasferta in albergo erano noiosissime e per poter giocare ai miei titoli preferiti (era il periodo di Neverwinter Nights e Diablo II) investii i primi stipendi in un portatile, con la bellezza di una scheda video ATI dedicata da 64 MB (ce l'ho ancora, non lo uso più ovviamente, ma funziona perfettamente, dopo la bellezza di diciotto anni). Il risicatissimo tempo a disposizione mi forzò a essere molto più rigido: non potevo provare tutti i titoli che mi passavano tra le mani, che iniziavano ad essere tanti visto il boom di negozi online e l'avvento del dio Steam.


Quindi, ragazzo, calma e sangue freddo: si gioca solo a titoli tripla A, con recensioni minimo sopra il 90% (mi affidavo alla mitica The Games Machine, e talvolta lo faccio ancora). Quando inizi un titolo, lo porti a termine, senza lasciarti distrarre da altri giochi in uscita. Cerca di goderti il gioco, anche se scopri che, alla fin fine, non ti piace più di tanto. Sappi che più tempo impiegherai nel giocarlo, meno ne avrai per il gioco successivo, quindi sbrigati, soprattutto qundo arrivi verso la fine. Non esiste lasciare un gioco a metà. Lo hai finito? Bene, via, scordati una seconda run e l'espansione la scheduliamo più avanti, si passa ad altro. E così via.
Ovviamente sto esagerando, ma questo è l'approccio al videogioco che ho avuto negli ultimi quindici anni, più o meno. Non vi pare che sia quanto più vicino a un lavoro che a una passione?


Ecco, in questi giorni bui passati a letto cercando di non vomitare, riflettevo proprio su questo, e ho deciso di provare a ritornare a un approccio un poco più spensierato, meno rigido, più leggero.
Il pregio, è un dato di fatto, del metodo "come un lavoro" è che ho giocato e finito tantissimi titoli, scoprendo anche delle perle che si sono rivelate tali solo dopo trenta ore, che probabilmente non avrei scoperto e abbandonato dopo averli provati. Ma si è trattato di eccezioni, ci sono stati anche tanti titoli durante i quali, a un certo punto mi sono chiesto "ma perchè proseguo? fa cagare!" ma che comunque dovevo stoicamente finire.

Il mio nuovo approccio sarà all'insegna del gioca-quello-che-hai-voglia-e-che-ti-piace-in-questo-momento. A un certo punto mi scoccerò? Disinstallo, e bon. Mentre sto giocando mi salirà la scimmia per un altro titolo? Bè, diamine, installiamo e giochiamo con quello, no?
Magari finirò meno titoli e ci sarà una gran confusione, ma spero che renda tutto più divertente!

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